Morte,
te ne andasti
come eri venuta,
di colpo.
L'insolita visita fu lunga,
senza scadenze
presenza scura intorno vivere,
ora si gracile
e con una certa fine.
Conoscerti è stato facile,
quasi a parir banale,
senza che tu lo fossi, anzi.
Ti prendi tutto,
quel tanto che ci appare tale,
non senti, non vedi,
sei senza ricordi,
non c'è passato nel tuo ventre vuoto,
non c'è passione nel fuoco nero,
solo freddo,
future attese tra il fumo dei giorni
e gli attimi atroci che spengono il presente.
Sei inganno e certezza,
paura e coraggio,
amica e nemica,
l'essenza e il nulla,
l'odore dei cipressi,
il vento che infuria sulla coscienza.
Tu sei il dolore
di una madre senza figlio,
la salvezza di chi non vive.
Negli abissi del mare
traffichi con movenze estreme,
nella terra di croci serpeggi
tra silenzi e buio.
Morte,
di te si teme,
si parla solo per dirti scomoda,
trascinarti nel tempo con nuove medicine,
distraendoti coi crisantemi il due novembre.
Chi ricorda invece
la gloria dei vincitori sul sangue dei vinti?
Il vessillo che imponi algi eroi,
il sacrificio dei martiri
che in esso ti hanno abbracciata,
l'immortalità dei santi,
la verità nell'ultima lettera,
il giusto decreto
del tuo tribunale?
Il Creato si inchina
e tace al tuo giudizio,
gli uomini invece son furbi,
si fingono ignari
o tichiamano per dare un senso alla giustizia.
Morte,
te ne andasti
come eri venuta,
di colpo.
Ti chiamo per nome
e ti stringo la mano,
il viso impresso sull'anima
si fa più sfocato,
di noi due
nessuno dimentica affatto,
quello che è stato
e che sarà l'attimo esatto.